venerdì 18 luglio 2014

La Via dei Tarocchi

A seguito delle amichevoli esortazioni ricevute, si rende scaricabile un nuovo lavoro reso alla lettura esoterica dei Tarocchi di Marsiglia. Per accedere alla pagina di consultazione e di download gratuito dell'opera, sarà sufficiente cliccare QUI.


Questo lavoro si basa sul bel restauro portato avanti dal prof. Yoav Ben-Dov di TelAviv sul classico mazzo di Nicholas Conver (Francia, 1760): si ringrazia infinitamente l'autore per avere reso interamente scaricabile gratuitamente il suo mazzo, consentendone tutti gli usi non commerciali (NC), a patto che se ne indichi l'autore (BY) e non vengano apportate modifiche (ND). Si è convenuto pertanto di pubblicare il presente libro alle medesime condizioni. Per chi fosse interessato, le carte del prof. Ben-Dov sono scaricabili QUI.

mercoledì 2 luglio 2014

La vita è un gioco

   I marsigliesi sono un prodotto essenzialmente giudaico: si potrebbe dire che, sulle basi note di giochi preesistenti, qualcuno si sia “divertito” a portare alcune piccole, ma sostanziali modifiche, tali da trasformare il gioco in una cosmologia/antropologia. Il mazzo è infatti un sistema di 78 “segni simbolici” (il numero 78, in ebraico, è reso dagli ideogrammi ע (hain) e ח (cheth), che rispettivamente rappresentano degli occhi ed una copertura: letteralmente, quindi, queste carte sono segni esoterici, protetti allo sguardo). Sono segni, ché riflettono i contenuti dei concetti che l’autore ha voluto inserirvi; sono simboli, perché i contenuti che sorreggono i segni esterni, sia strutturali che grafici, tengono insieme (seppure come idee di certo formulate razionalmente) il conosciuto e l’ignoto, il raggiunto e l’inconoscibile: sono il genere di concetti che rimandano, più che spiegare, esperienze che hanno a che fare più con la mistica, che con la speculazione che ad essa consegue.

Formalmente, queste carte riprendono quelle dei mazzi italiani che avevano aggiunto proprie allegorie pedagogiche, tratte da modelli della società cristiana, ai mazzi di carte naib (“viceré”) che i mamelucchi importarono nel mondo latino: mazzi, questi ultimi, consistenti negli attuali cosiddetti arcani minori (4 semi di cui tre medesimi[1] al Marsiglia, con 10 carte numerali per seme più tre figure), ma sprovvisti delle raffigurazioni umane per Fante, Cavaliere e Re (per il divieto islamico di raffigurare il creato: delle tre figure Re, Viceré, Viceré in seconda, appaiono solo i nomi) e del tutto ignoranti del personaggio della Regina (per la peculiare condizione della donna nell’Islam). Il primo documento riferibile ai marsigliesi è il foglio Cary, stampato a Milano[2] ad inizi ‘500 e giunto a noi senza offrire la possibilità di stabilire la struttura del mazzo cui sarebbe dovuto appartenere.

Strutturalmente, invece, i mazzi del Marsiglia, come già quelli ferraresi, ricalcano con precisione “millimetrica” lo schema giudaico dell’Albero della vita cabalistico, nonché altri varî motivi di numerologia biblica, come ad esempio i 7 giorni della creazione (7x [3=cielo] =21 arcani maggiori + libero arbitrio; 7x [2= cielo/terra] =14 carte per ciascun seme degli arcani minori). Gli arcani maggiori sono 22 quante le lettere dell’alfabeto ebraico; le carte numeriche di seme, per gli arcani minori, sono 10 quante le sephirot del suddetto “albero”, più quattro figurate di orientamento: è possibile pertanto portare, tra mazzo e cabala, innumerevoli parallelismi utili ai fini di lettura.

Fra la struttura giudaica e l’immaginario cristiano delle icone, è chiamato a fare da “raccordo” l’impianto ellenistico punti cardinali/4+1 elementi, tramite l’arcano XXI, che funge da “bussola”. Qui, i quattro animali della tradizione evangelica si pongono a determinare gli “assi portanti” del sistema di riferimenti geografico-simbolici della cosmologia: al loro centro, il quinto elemento sta a riflettere, in una rappresentazione speculare rispetto a quella dell’Albero della vita, l’inserimento nel “quadro” dell’elemento umano, punto di convergenza e di destinazione dell’intera struttura. E’ così che i tarocchi marsigliesi parlano dell’uomo mentre parlano del principio generatore del cosmo.

Diversi arcani, tra maggiori e minori, sono fedeli indicazioni della coerenza d’impianto: XIII, l’innominato che raffigura la morte, può sovrapporsi in ambivalenza al sentiero 23 della Cabala che porta la lettera מ (mem), che sta per “madre” (nutrimento); LE MAT, privo di numero eppure posto per esclusione al sentiero 32 dell’Albero della vita, contrappone al concetto di passione l’immagine del libero arbitrio; LE SOLEIL – XVIIII, che tra gli arcani maggiori, coi suoi due gemelli, presenta l’archetipo del nord quale punto di tramonto ed alba del medesimo eroe, converge con Fante di denari che, coi suoi due simboli uno a terra ed uno sospeso, mostra i caratteri ctonio e celeste d’una stessa origine (nonché la scala di Giacobbe: rif. Gn 28,12). Gli esempi potrebbero moltiplicarsi.

Sostanzialmente, i tarocchi marsigliesi si profilano pertanto come un’opera di sintesi impostata in questi termini: carte numeriche che innestano, su retroterra ludico islamico (i semi), l’impianto sefirotico giudaico; figure di semi che si associano ai quattro diversi “àmbiti” dell’albero sefirotico e che godono, inoltre, di una possibilità di orientamento “greco” sui punti cardinali e sugli elementi, attorno ad un quinto axis mundi che è l’uomo; icone dell’immaginario cristiano che si associano ai geroglifici dell’alfabeto ebraico aggiungendo il proprio “peso specifico”, visivo, all’interpretazione. Proprio sul piano interpretativo, precisiamo un punto. Che si usino le carte per “entrare” nella Cabala (uso mandàla) o che le si adotti per divinazione e/o contemplazione e/od indagine psico-archetipica, resta vero che, pure prescindendo dall’adesione alla loro struttura, ma dati i fortissimi retroterra ideologici di cui sopra, risulterà forzosa ed arbitraria, ogni cognizione dei segni, tanto più questa vorrà prodursi lontana da una confidenza crescente con le tematiche della cosmologia ellenica, oltreché delle iconologia e società cristiane medievali, oltreché dell’ermetismo giudaico.



[1] Invece del seme di Coppe, i mazzi islamici riportano quello di Tûmān, che letteralmente sta per “10.000” o per “moltitudini” e che comunque è raffigurato da immagini di calici. Si sa che i mazzi islamici furono ispirati dai contatti con le regioni asiatiche della Mongolia e della Cina: ebbene, secondo la filosofia taoista cinese, “10.000” è proprio il numero degli esseri che comporrebbero simbolicamente la creazione. Si può quindi dire che, sia nel simbolismo cinese dei 10.000  trasferitosi nel mondo arabo, sia in quello cabalistico di Coppe, il quarto seme occupa il posto della creazione concreta, materiale, espressione e sede visibile del principio divino invisibile e superno.
[2] Milano fu probabilmente la città “matrice” delle tradizioni di carte ferrarese e francese, a causa dei legami di sangue del suo reggente Francesco Sforza. Questi fu fratello di quell’Alessandro, duca di Pesaro, a cui appartenne il più antico  (metà del sec. XV: coevo ai mazzi cosiddetti Visconti-Sforza, i quali però mostrano alterazioni di struttura, rispetto al modello tradizionale) tarocco oggi a noi noto grazie a 15 carte superstiti: mazzo che è, ovviamente, anche il più antico esemplare di quella che, stilisticamente, è detta dai varî studiosi “famiglia B”, o “del nord-est”, o ferrarese.