sabato 21 novembre 2015

La nascita dell'Io (1)

La coscienza non è un oggetto, ma una funzione: una funzione d’un sistema vivente che sussiste per aver ereditato caratteristiche utili a sussistere fino al proprio perpetuarsi. Dunque, se da un lato un sistema vivente ha la forma di tutto ciò che ha permesso, alla catena dei suoi antenati fino a lui, di sussistere fino a perpetuarsi e dall’altro lato questo sistema è dotato di coscienza, allora anche la coscienza è una funzione che si è dimostrata vantaggiosa al sussistere ed al perpetuarsi. In termini etologici, non è dunque la coscienza a stabilire quale debba essere lo stile di vita da adottare, bensì il contrario: è lo stile di vita più efficace a sussistere e a perpetuarsi, a mostrare quale sia l’uso della coscienza che ha permesso a quest’ultima di salvaguardarsi come funzione utile.

Così, il significato dell’esistere che la coscienza è chiamata a seguire è esclusivamente circoscritto alla parabola animale: la coscienza è una funzione previsionale avanzata che permette di avere un quadro efficace delle situazioni, al fine di farvi fronte con i migliori strumenti possibili. Una cosa simile può dirsi delle emozioni, il senso delle quali è altresì istruito dal fine di sussistere e di perpetuarsi: agitarsi, arrabbiarsi, gioire, annoiarsi non sono stati dell’essere, ma funzioni per la decodifica dell’ambiente utili nella misura in cui permettono una selezione efficace delle reazioni. Le emozioni sono il vero “motore” della sopravvivenza, dall’efficacia reattiva delle quali dipende la migliore disposizione del sistema vivente alle circostanze ambientali. La coscienza, come funzione di contestua-lizzazione, offre al sistema un “quadro” perfettibile delle circostanze, che permetta la maggior efficacia di risposta possibile alla situazione cui sta reagendo la funzione emotiva.

La funzione coscienza, analizzando l’ambiente in relazione al soggetto di cui essa è funzione, ottiene due risultati: la suddivisione del flusso del reale in enti e l’associazione dello statuto di ente, distinto dal resto, al sistema vivente di cui essa stessa è appunto una funzione. Accade che la funzione coscienza, crescendo in potenza di analisi, includa un giorno nel contesto osservato anche se stessa, riconoscendosi come un ente a se stante: dal riconoscersi come ente in relazione critica col contesto esterno, all’identificarsi con l’ente-soggetto che in realtà la possiede come funzione, il passo è breve. Si è detto che le emozioni operano come funzione reattiva automatica ai diversi contesti forniti loro dalla analisi circostanziale attuata dalla coscienza: che accadrà, ora che il “panorama” ambientale da affrontare comprende oggetti quali il soggetto e la coscienza, finalmente adesi in un soggetto senziente autoproclamatosi “Io”? Che accadrà alle emozioni, una volta che la coscienza le avrà individuate come oggetto a se stante procedente dal medesimo soggetto senziente con cui essa stessa già s’identifica? Accadrà che il soggetto si auto-comprenderà non solo come senziente, ma anche come sensibile: questo avverrà tanto più velocemente, quanto più il sistema vivente in questione sarà approcciato dagli “altri”, appunto, in termini di “Io” (senziente e sensibile), ovviamente.

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