mercoledì 29 giugno 2016

1. Fondamento analogico della conoscenza


La prima cosa che c’è da sapere sul simbolo è che il simbolo lavora alla stessa maniera con cui la coscienza apprende: per comparazione e cioè per analogia. Il card. Cusano nel sec. XV, riprendendo San Tommaso d’Aquino, riaffermò la verità del fatto che non si possa conoscere niente, se non confrontandolo con ciò che già si conosce: contemporaneamente, ricordò che ciò che si vuole conoscere e ciò che già si conosce debbano avere qualcosa in comune che li renda confrontabili. Le cose già note e le cose d’apprendere hanno in comune un dato metafisico ed uno fisico: il primo è il fatto d’esistere tutte e cioè d’essere un’unità nell’Essere, mentre il secondo è il mostrarsi tutte alla coscienza, necessariamente, secondo i tre parametri dualisti dello spazio (io vs altro), del tempo (prima vs dopo) e dell’energia (alto vs basso). Il simbolo che illustra questa nozione è la cosiddetta croce solida, al cui centro è generato un quarto parametro, il senso. Dall'idea che le cose siano tutte accomunate dall'Essere e dall'idea che le cose siano tutte accomunate dal medesimo modo di porsi alla coscienza, il simbolismo trae il principio di analogia, per cui ad esempio una casa possa essere usata non solo per rappresentare una casa, ma anche per rappresentare un ventre gravido o una famiglia, tra le altre cose.

 

La coscienza, attraverso i sei termini dualisti della croce solida (io, altro, prima, dopo, alto, basso), elabora una propria attribuzione di senso aggiungendo un elemento in cui tutte le sue esperienze possano trovare ricapitolazione: il significato (“riposo”) del reale ovvero cuore del (suo) mondo ovvero compimento del settenario. Il prelato aggiunse una riflessione: «La verità non ha né gradi, né in più né in meno, e consiste in qualcosa di indivisibile. [...] Perciò l'intelletto, che non è la verità, non riesce mai a comprenderla in maniera tanto precisa da non poterla comprendere in modo più preciso, all'infinito» (N. CUSANO, De docta ignorantia, I, 2-10). La coscienza è certa dell’esistenza del mondo perch’è certa anzitutto della propria esistenza; percependo se stessa, la coscienza dimostra di percepire per forza ciò ch'è vero: ma non è detto, per tornare a Cusano, ch'essa percepisca tutto quanto il vero. Il rapporto tra l'unica verità e la comprensione umana è illustrato nel simbolo della quadratura del cerchio: la comprensione è come un poligono che, accrescendo costantemente il numero dei suoi lati, si approssima sempre meglio all’unità del cerchio, senza però coincidere mai con essa, se non all’infinito.

 

Il principio di analogia emerge insomma avendo un duplice aspetto: sul piano ermeneutico, esso individua la capacità simbolica che ogni cosa avrebbe di sintetizzare ed evocare realtà superiori a sé; sul piano epistemologico, esso individua la relazione che ogni singola percezione personale avrebbe con «la verità tutta intera» (Gv XVI).