mercoledì 6 luglio 2016

3. La grande architettura universale


Nel primo articolo si è spiegato come il presupposto del simbolismo sia la concezione analogica del mondo, per cui sarebbe anzitutto vero che l'unica realtà propriamente esistente, sarebbe l’Essere: se, infatti, tutte le cose che esistono sono nell’Essere, non può esistere alcuna alternativa ad esso non solo in termini spaziali (questo contro quello), ma anche temporali (se esiste solo l’Essere, esso proviene da sé e finisce in sé e quindi è eterno, così come insegna il simbolo dell’Uroboro). 


Per definizione, non può esistere qualcosa che non sia mai sperimentabile in alcuna forma da nessuno: questo significa che l’esistenza delle cose dipende, secondo questa metafisica parmenidea, dalla presenza di una Coscienza che possa concretizzare la realtà col suo rivolgersi ad essa. Ora, il punto fondamentale è che se l’Essere è un prodotto della Coscienza, ma è anche l’unica cosa che a rigore di logica può esistere, allora Essere e Coscienza sono la stessa cosa e la Coscienza è Una quanto l’Essere. Il serpente è il simbolo classico con cui viene rappresentata la coscienza. Nel Libro dei Numeri (XXI, 4-9), la Bibbia narra di come Mosè nel deserto issasse un’effige ramata, affinché coloro che guardassero all’Unico grande serpente posto in alto, guarissero dai morsi dei tanti serpentelli saliti contro il popolo recalcitrante, dal basso: popolo persosi a distinguere le cose amate da quelle odiate e guaribile solo ammettendo che tutta quanta la realtà è Dio.
 
 

«I nomi che vengono dati alle cose terrestri racchiudono un grande inganno, perché distolgono i cuori da concetti che sono autentici verso concetti che non sono autentici. Chi sente la parola "Dio" non intende ciò che è autentico, ma intende ciò che non è autentico. Così pure per "Padre" e "Figlio" e "Spirito Santo" e "Vita" e "Luce" e "Resurrezione" e "Chiesa" e tutti gli altri nomi non s'intende ciò che è autentico, ma s'intende ciò che non è autentico. A meno che non si sia venuti a conoscenza di ciò che è autentico, questi nomi sono nel mondo per ingannare. […]  Ma la Verità ha espresso dei nomi nel mondo a questo motivo: che non è possibile apprendere senza nomi» (Vangelo di Filippo, XI-XII b).



Il Caduceo dell’ordine dei medici, oltre a richiamare evidentemente la relazione fra un rispecchiamento del serpente e ciò che oggi definiremmo un DNA, rappresenta in effetti un passaggio ulteriore della metafisica del simbolico. Nel primo articolo si è già spiegato anche come la coscienza possa essere se stessa solamente nell’atto di prendere coscienza, ossia in forma dinamica: per conoscere, però, la coscienza necessita di poter fare dei raffronti, delle comparazioni tra un qui ed un lì, tra un prima ed un dopo, tra un alto ed un basso: nasce allora il dualismo, che non è una contraddizione dell’unità, ma una sua logica e necessaria strutturazione. L’unica Coscienza che è l’Essere e che regge in sé tutta quanta l’impalcatura della realtà, vive un rapporto per così dire simbiotico con le cose che regge: lei dà loro la vita riconoscendole e loro le danno a loro volta consistenza, permettendole di essere se stessa avendo qualcosa da riconoscere. L’unica Coscienza che è l’Essere, ciò che volgarmente si potrebbe anche definire “Dio”, necessita per così dire di rifrangersi nella molteplicità delle coscienze umane per il fine primo di conoscere in esse se stessa, ovvero sostanzialmente di esistere (Cfr. H. CORBIN, L’immaginazione creatrice). Si scopre così la natura sostanzialmente relazionale della realtà: Dio dall’eternità, guardando tutto e sempre, sostiene nell’esistere le cose anche quando nessun altro le scorge; le cose sostengono in essere sia Dio che le coscienze umane, fornendosi loro come base per la loro autocomprensione; le coscienze umane, prese tra il cielo e la terra, da un lato collaborano con l’opera divina di sostenere le cose, prendendo coscienza di ciò che rientri sotto il loro limitato sguardo; dall’altro sostengono Dio stesso assieme con le cose, fornendosi loro stesse a Lui sia come oggetti di conoscenza, che come senzienti che prendendo coscienza di Lui, lo reggono in essere.

 



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