giovedì 23 febbraio 2017

Cristianesimo e simbolo. II, genesi (1/3)

Nel primo articolo di questa nuova serie, dedicata alla sistematica disamina dei rapporti fra Cristianesimo e simbolo, ho introdotto il tema della legittimità di una lettura esoterica della dottrina cattolica e delle Sacre Scritture, asserendo ch’essa appare lecita ogni qual volta ci si trovi innanzi a narrazioni dall’apparenza fantastica o facilmente conducibili a soggetti mitologici precedenti (e che siano, per inciso, riferibili in modo documentato alle aree ed alle epoche in cui le suddette narrazioni si ritenga siano state compilate). Il simbolo permetterebbe di superare la scarsa plausibilità scientifica di eventi quali la creazione in sei giorni ed allo stesso tempo di conservare il loro valore pedagogico e filosofico, ma imporrebbe anche, per contro, di riconsiderare necessariamente il tenore della presunta rivelazione cristiana, portando a valutarla non più in termini di eventi significativi e storicamente avvenuti secondo le modalità della loro narrazione, ma oramai in quelli di tradizioni mitiche esistenzialmente e/o filosoficamente significanti. Nel presente articolo (di cui la presente non è che la parte 1a di 3), illustrerò alcuni miti ed eventi religiosi dell’epoca e dell’area di nascita del Cristianesimo (o di epoche ad essa precedenti), con lo scopo di fare valutare ai lettori la plausibilità di un’ipotesi: quella per cui il Cristo sia un personaggio che, anche qualora riferibile in alcuni dettagli ad un uomo realmente vissuto, vada inteso come sostanzialmente mitico, ovvero archetipico, piuttosto che storico.


«Adone è una delle più complesse figure di culto nei tempi classici. Egli ha assunto numerosi ruoli in ogni periodo. Simboleggia la giovanile bellezza maschile ma anche la morte ed il rinnovamento della natura. Dal suo sangue crebbero gli anemoni [notare la corrispondenza con l’associazione di Cristo al corallo, nell’arte europea] e ad essi Adone viene associato». Il culto di Adone è di origine semitica (deriva dalla precedente figura sumera di Tammuz) ed è attestato nel vicino oriente dal sec. VII a.C.: dal nome di Adone deriva l’ebraico adonai, che sta per “Signore”. Nel mito, Adone ha come padre un re e come madre la figlia fino ad allora ancora vergine del re stesso, portata ad accoppiarsi al genitore grazie ad un incantesimo della Dea Afrodite: la madre di Adone si chiama Mirra (cfr. col nome ebraico di Miriam) e suo padre, scoperto d’avere giaciuto presso la figlia (ora incinta) con l’inganno, tenta di ucciderla, costringendola a fuggire per la campagna (cfr. con la fuga di Maria verso l’Egitto per fuggire alla strage degl’innocenti): per salvarla, Afrodite stessa la trasforma in un albero di mirra (cfr. coi regali dei magi –tradizionalmente persiani- al Bambinello di Betlemme. A questo proposito, ancora «nel V secolo Sofronio Eusebio Girolamo, padre della Chiesa, scrive scandalizzato che perfino Betlemme accoglieva il pianto per l'amato di Venere, nella grotta in cui Gesù neonato aveva vagito. Analoghe testimonianze sono presenti in Ammiano Marcellino» -Wikipedia). Essendo Adone conteso per la sua bellezza da due dee, Persefone regina dei morti ed Afrodite regina dell’amore, Zeus stabilisce ch’egli risieda per un terzo dell’anno con Afrodite, per un terzo con Persefone e per l’ultimo terzo dov’egli ritenga meglio: stregato da un incantesimo sessuale di Afrodite, Adone decide infine di passare anche la terza parte della sua vita con Lei, riducendo contemporaneamente il suo soggiorno nell’oltretomba: appare chiaro il riferimento all’antica ripartizione egizia (ciò non sembri strano, dal momento che: il medioriente fu tradizionale area d'influenza egizia; la stessa Bibbia riferisce dello strettissimo legame fra civiltà semitiche ed Egitto; lo stesso mito di Adone è connesso a quello egizio più antico di Ammone) dell’anno in tre sole stagioni, di cui una corrispondente a quella dell'inondazione del Nilo (cfr. con la dinamica "vita familiare – vita nascosta – vita pubblica" di Cristo, ma anche con quella "vita – morte – resurrezione"). E’ da notare che i molti punti di contatto scorti fra i racconti evangelici ed il mito di Adone non paiono trovare alcun riscontro nell’Ebraismo ruotante attorno al Tempio nell’epoca di Gesù, mentre riecheggiano in numerosi altri culti allora già presenti nella stessa regione.


Lo Zoroastrismo è il primo culto monoteista chiaramente documentato della Storia, sicuramente attestato già nel sec. VI a.C., in Persia: prima di affrontarne i punti salienti della dottrina, trovo utile illustrare le curiose circostanze della vita del suo fondatore, Zoroastro, che studi recenti antepongono di molto alla datazione del sec. VII a.C. inizialmente ipotizzata per lui. Zoroastro studia per diventare sacerdote nel culto di Mitra, ma ben presto lo sdegno per i sacrifici animali lo porta a prendere le distanze dal culto ufficiale; dopo un lungo periodo di meditazione nascosta e solitaria (ricorda niente?), all’età di trent’anni (dice niente?), avrebbe avuto la rivelazione dell’angelo del Dio della Luce, Ahura Mazda (“Saggio Signore”). Durante la sua vita pubblica, i documenti antichi riportano di episodi di dubbio e di travaglio interiore (cfr. con i ritiri e le tentazioni di Gesù nel deserto). Ciro il Grande sarebbe stato convertito direttamente da Zoroastro, la cui riforma religiosa sarebbe diventata la religione ufficiale di Babilonia (a questo proposito, è importante notare che Ciro è l’imperatore che pone fine alla cattività babilonese degli ebrei, secondo la Bibbia: gli storici, oggi, sono unanimemente concordi nel sottolineare che la riforma ebraica in senso monoteista sia avvenuta proprio con la restaurazione del tempio a seguito del ritorno dei profughi). Ahura Mazda agisce nel mondo tramite Spenta Mainyu (“Santo Spirito”) ed il suo trono è circondato dai suoi sei Amesha Spenta (“Immortali Santi”, una sorta di arcangeli), tramite i quali governa la Terra. Sotto gli Amesha Spenta stanno gli Yazata (“venerabili”, una via di mezzo fra angeli di rango inferiore e santi umani), coloro che hanno preso vita in un corpo materiale per meglio aiutare Dio nel combattere il suo nemico,  Angrā Mainyu (“Malvagio Spirito”). All’inizio dei tempi, lo spirito malvagio sceglie il male e si oppone a Dio, con il quale combatte durante tutta la Storia; Gayo Maratan (“vivente”), il primo umano, viene tentato da Angrā Mainyu e muore, diventando il seme della prima coppia umana sessualmente differenziata. Il maschio di questa prima coppia è Yima, un pastore che vive in un paradiso terrestre, luogo di beatitudine e di perfetta amicizia con Dio: essendosi ritrovato a mentire al suo Signore, Yima viene cacciato dal giardino e costretto a riconquistare lo stato di beatitudine con i suoi meriti. Questa breve disamina dello Zoroastrismo (o “Mazdeismo”) permette subito di notare due distinte parti, rispetto al Cristianesimo: mentre la storia del giardino e della caduta è riscontrabile anche nella tradizione ebraica, la vita di Zoroastro (così come quella di Adone) mostra notevoli punti di contatto (pure nella sua diversità generale) con le vicissitudini “terrene” di Cristo, ma non con l'Antico Testamento, così come non appare affatto alcun collegamento tra l’Ebraismo e la teologia zoroastriana, che invece ricorda molto da vicino numerosi elementi “originali” della dottrina cattolica sulle gerarchie celesti e la genesi del male (come vedremo più avanti, la genesi del male secondo la rilettura posteriore del Cristianesimo paolino è tutt'altra cosa dalla cacciata dei progenitori dall'Eden secondo l'originale interpretazione ebraica). Nella seconda parte di questo articolo affronterò il tema della comunità essena e delle dottrine rabbiniche ai tempi di Gesù, traendo quindi alcune preliminari conclusioni.


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