martedì 9 agosto 2016

6/3-c. Ecco l'opera del Signore

Avvicinandoci alla trattazione dell’altare cattolico, è necessario riassumere alcuni concetti meglio esposti negli articoli precedenti e innanzitutto questo: si sta parlando dell’altare cattolico tradizionale, ovvero dell’altare ch’è appartenuto alle aule liturgiche di rito romano nell’arco che va dal periodo post-imperiale (sec. V a.C.) a quello precedente la riforma liturgica succeduta al Concilio Ecumenico Vaticano II (1965). Già le coordinate temporali dovrebbero da sole far comprendere qualcosa circa la frattura simbolica prodottasi nella Chiesa dopo gli anni ’60 del sec. XX. Il dato successivo di cui tenere conto è il concetto di sacro (“separato” nel senso di “prezioso/riservato”), che implica una spiritualizzazione progressiva della realtà mano a mano che a questo sacro ci si approssimi, tradotta in un numero sempre minore di persone, sempre più qualificate, cui sia permesso avvicinarsi ad esso. La riservatezza del sacro si esprime anche nei significati che ogni oggetto ad esso riferito (spazio sacro, altare,  arredi e paramenti liturgici compresi) veicola: riguardo all’altare è per tutti accessibile, credenti e non credenti, il significato palese (exoterico) di piano d’appoggio per le operazioni di culto; soltanto a chi abbia ulteriormente approfondito la conoscenza dell’altare sono accessibili i successivi significati allegorici (esoterici), che a loro volta sono progressivamente suddivisi in teologici (religiosi), etici (morali) e anagogici (metafisici). Ora, ogni libro d’argomento liturgico spiega i significati teologici ed etici dell’altare: l’altare è sostanzialmente un sarcofago (non a caso, tradi-zionalmente contiene resti umani di santi) agghindato a mensa, per esprimere il legame fra la morte di Cristo ed il suo donarsi come cibo spirituale per la comunità dei credenti (senso teologico); l’altare esprime eticamente il rapporto che Cristo individua fra la rinuncia ad autodeterminare se stessi (morte) per obbedienza (affidamento, l’opposto del peccato originale di superbia) e l’amore (mensa). Si tratterà pertanto, qui e negli articoli che verranno sul medesimo tema dell’altare, del senso anagogico che individua questo elemento del culto in una concezione cosmologica e metafisica foriera di risvolti personali.


E’ necessario richiamare alla mente quanto già affermato (cfr. art. 4) riguardo al fatto che ogni architettura sacra tradizionale (e sia una chiesa che un altare tradizionali sono architetture sacre) sia un riflesso del cielo sulla terra, cioè un modo per “trasformare in pietra” le idee raggiunte sulla forma ordinata della realtà (kosmos) e sul senso del percorso umano (rappresentato dal moto solare) all’interno di quella stessa realtà: in estrema sintesi, si ottiene che la forma del quadrato rappresenti la terra; che la forma del cerchio rappresenti il cielo; che l’est, sud ed ovest rappresentino i diversi aspetti dell’esperienza terrena dell’uomo; che il nord rappresenti i delicati eventi della nascita e della morte (cfr. art. precedente); che il cerchio, in quanto riflesso del cielo, rappresenti la verità eterna; che il quadrato, in quanto riflesso della terra, stia a rappresentare la perfettibilità delle conoscenze umane riguardo la verità eterna (cfr. art. 1).


Il simbolismo del quadrato e del cerchio si riflettono nell’architettura sacra tradizionale sia sul piano orizzontale, che su quello verticale. Sul piano orizzontale, sul modulo del quadrato è strutturata la navata (parte dedicata all’ascolto del popolo, che riflette il numero quattro anche nel suo incrociarsi col transetto) e sul modulo del cerchio è strutturato il presbiterio (parte dedicata all’ufficio divino); sul piano verticale, sul modulo quadrato è strutturata la sezione della navata, mentre sul modulo del cerchio sono strutturati la volta della navata, il catino absidale del presbiterio, i catini delle cappelle laterali ed ancor più la cupola che sovrasta l’incrocio fra navata e transetto, nonché il più delle volte l’altare stesso. Il modello cosmologico appena citato è fondamentale per capire il senso di un elemento (il primo di cui ora si parlerà entrando nel vivo dell’argomento) tanto determinante, quanto incompreso, dell’altare tradizionale: il ciborio.


Come ora sarà facile intuire, il ciborio (elemento assolutamente inutile sul piano operativo cultuale) ha una funzione squisitamente cosmologica: esso si erige sull’altare grazie a quattro colonne le quali, riprendendo concettualmente le quattro pietre di fondazione che stanno agli angoli perimetrali dell’aula liturgica, configurano idealmente ciò che avviene sull’altare come riflesso terrestre di una realtà celeste (la cupola circolare -o gli archi superiori- del ciborio): sul piano teologico, il ciborio individua nell’altare il luogo dell’Incarnazione; sul piano etico, il ciborio individua nell’altare il luogo del sacrificio; sul piano anagogico, il ciborio individua nell’altare lo speculum, ossia il momento d’illuminazione che scaturisce nel confronto fra l’unità dell’Essere (la verità eterna del cerchio) e la dualità dell’esperienza terrena (la materialità del quadrato). Nonostante l’altare vada fisicamente collocato ad est, punto dell’alba e con ciò veda individuato quel che su di esso accade come un momento di illuminazione, di riscatto e di rinnovamento, la presenza sovrastante e circolare del ciborio, nonché la sua struttura rialzata (prima sui gradini e poi attraverso la spalliera verso la croce centrale, dal sec. XII in poi), lo configurano anche come “montagna sacra” (cfr. art. precedente), la quale idealmente andrebbe collocata a nord, cioè tra l’ovest del tramonto e l’est dell’alba. La montagna sacra, nel ciclo solare ariano, è il seno dei patriarchi da cui l’eroe solare proviene e verso il quale l’eroe solare tramonta per divinizzarsi agli occhi del suo popolo: non è un caso che l’altare, posto ad est (nascita solare), sia non soltanto strutturato a forma di montagna; non soltanto sovrastato dalla cupola del ciborio, ma in ultima istanza sormontato dal Crocifisso (eroe solare morente; ovest; tramonto), il quale secondo la tradizione morì sul monte Golgota. I vangeli stessi spiegano che “Golgota”, in ebraico, significa “cranio” (“calvario” ha lo stesso significato. Si fa notare come il Colle Capitolino di Roma, luogo sacro della “Capi –caput- tale”, abbia il significato analogo di caput olo, “testa di tutto”, cioè terra delle origini, ossia “terra dei padri”) ed in effetti la tradizione vuole che sotto il Golgota fosse seppellito Adamo, che allo stesso tempo sarebbe il patriarca dell’umanità ed il suo primo eroe (solare) sul cammino della conoscenza.

«Solamente [le pietre di fondazione sotto i quattro angoli murari], come la pietra shethiyah [cioè la pietra fondamentale posta al centro della platea, perpendicolarmente allineata con la pietra angolare -chiave di volta- della cupola, oppure all'omphalos -lanterna-], sono cubiche, mentre la pietra angolare o di apice ha una forma speciale e unica, tale che non può trovare posto nel corso della costruzione, al punto che “i costruttori la rigettano”; ne comprendono la destinazione solo i costruttori che sono passati “dalla squadra al compasso”, cioè dal quadrato al cerchio, ovvero ancora dalla terra al cielo, gli “spirituali”» (J. HANI, Il simbolismo del tempio cristiano, Arkeios, Roma 1996, p. 123).

Si è detto che l’altare, fisicamente posto ad est, è idealmente anche ad ovest in quanto luogo del sacrificio ed è anche a nord in quanto montagna sacra; sopra di sé ha il cielo e sotto di sé la terra, ma non solo: in quanto luogo in cui si realizza la comunione sacramentale, ovvero simbolicamente la salvezza, esso è anche a sud, luogo del mezzo giorno, cioè dello zenith, del sole nel suo apice massimo della giornata. Si vengono a comprendere i motivi per cui l’altare fosse tradizionalmente considerato non soltanto il centro della chiesa di mattoni (posto com’è all’incrocio del transetto con la navata e dell’asse ideale fra chiave di volta e pietra fondamentale); non soltanto il centro della Chiesa come famiglia dei fedeli, ma addirittura il centro del Mondo. Con il suo simbolismo, l’altare si pone esattamente al cuore della croce solida (cfr. art. 1) prodotta dall’asse del tempo (est/ovest, nascita/morte), da quello dello spazio (nord/sud, terra dei morti, terra dei viventi) e da quello dell’energia (alto/basso, cielo/terra). Al centro delle apparenze del mondo sta il senso della vita, di cui l’altare emerge come l’emblema e la guida: una volta acquisiti questi dati, nel prossimo articolo si mostrerà quali elementi costituiscano questo “maestro di pietra” per il risveglio dell’uomo.

1 commento:

  1. Per approfondire: http://lamelagrana.net/wp-content/uploads/downloads/2013/04/Eckartshausen-Carl-von-La-nube-sul-santuario.pdf

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