venerdì 15 luglio 2016

5. La Grande Opera

Il valore simbolico delle cose, presente per analogia di senso in ogni cosa, è un po’ come un’anima dentro un corpo materiale: è come, cioè, ciò che vivifica nella coscienza, grazie ad un senso, la materia inerte. La coscienza, nell’atto d’incontrare le cose, non solo le divide necessariamente nei parametri spaziali del qui e del lì, in quelli temporali del prima, del dopo ed in quelli energetici dell’alto e del basso: la coscienza non è tale se non sintetizza il qui, il lì, il prima, il dopo, l’alto ed il basso, in un significato di cui essa divenga, appunto, cosciente. E’ la coscienza ad attribuire il significato alla realtà, una volta assunti i dati da essa od è piuttosto la realtà, ad insegnare alla coscienza il suo significato? Se si è capito quanto affermato negli articoli precedenti (1; 2; 3; 4), si può comprendere che i due fenomeni suddetti avvengano contemporaneamente: la realtà ed il suo significato sono di per sé oggettivi ed eterni (così come oggettivo, eterno e privo di alternative è l’Essere che sostiene ogni cosa) ed in quanto tali si offrono alla coscienza: allo stesso tempo la coscienza, che sostiene le cose con la propria attenzione, colloca di volta in volta in esse quel senso che è il riflesso di sé; ad ogni evoluzione di senso che la coscienza riconosce alle cose, si produce attorno ad essa una realtà effettivamente nuova. Coscienza e realtà sono legate nell’Essere e quindi nel senso delle cose.


Se la realtà e la coscienza si sostengono a vicenda, la coscienza dell’Essere e l’essere della Coscienza costituiscono il senso delle cose: quel senso verso il quale in particolar modo l’alchimia tentò di guidare i suoi praticanti tramite simboli come quelli del Rosarium Philosophorum. La storia evolutiva di una coscienza umana è la storia dell’espansione del senso che essa immette nel mondo e da cui essa, allo stesso tempo, è forgiata: tale storia è alimentata dal rapporto tra la coscienza divina e la coscienza umana (i serpenti); dal dualismo (sole e luna) con cui si esprimono i tre assi (la fonte tripartita) percettivi del tempo, dello spazio e dell’energia (stelle a sei punte) con cui si mostra all’uomo la apparenza (fumo) materiale (i quattro angoli) del cosmo (l’intera immagine); dall’unità dell’Essere (la vasca circolare) e dal divario di mistero (acqua) che separa la comprensione umana (quadrato) dall’unica verità (cerchio) che accomuna tutto l'esistente.


Nelle condizioni di cui sopra, l’uomo stesso si ritrova inconsapevolmente dualizzato: nel momento stesso in cui ognuno prende coscienza di sé, egli divide se stesso tra colui che guarda e colui che è osservato; nel momento stesso in cui ognuno prende coscienza di sé, egli divide il se stesso osservato tra ciò ch’è visibile (l’io) e ciò che ancora non è visibile (l’inconscio). E’ necessario un evento illuminante (colomba) perché l’uomo acquisisca (nudità) una nozione duale di sé, sappia distinguere (separazione delle mani) la volontà (l’io) dalle pulsioni (l’inconscio) e sappia mettere l’una e le altre reciprocamente agli antipodi, uscendo dall’indistinzione tra sentire e volere attraverso una differen-ziazione del bene dal male, nella pratica della scelta.


Il “destino” dell’uomo è quello di vedere (nudità) la propria volontà limitata dagli istinti ed i propri istinti costretti dalla volontà (cfr. Mt XXVI, 41), dentro il “gioco del dualismo” (la croce solida e la vasca esagonale), fintanto ch’egli, raggiunto da un fine superiore, non accetti di sprofondare nelle latebre della sua essenza, aldilà del dualismo, accogliendo come proprio non soltanto ciò che ritiene debba essere il bene, ma anche il presunto male.


Una volta affrontata la morte dell’io ed una volta riconciliato con se stesso, sale dall’uomo una nuova consapevolezza unitaria di Sé. Per il rapporto di reciprocità che è più volte stato indicato in essere tra senso e coscienza, all’ascesa di una nuova consapevolezza unitaria di sé corrisponde, specularmente, la discesa di un nuovo senso dall’ordine cosmico alla persona: uno spirito nuovo che soccorra l’anima estinta.


Il rinnovamento avviene nel sepolcro: come ricordano i costruttori di cattedrali, è la croce a mettere in comunicazione il cerchio con il quadrato; è il sacrificio dell’io (preconcetti) a evocare il Sé (consapevolezza). Il percorso di crescita cui educa il simbolismo può sostanzialmente essere riassunto in tre tappe fondamentali, le stesse che l’iniziazione cristiana identifica nei sacramenti del Battesimo, Cresima e Comunione. Nel Battesimo, il catecumeno diviene membro vivente del corpo mistico della Chiesa: è la nascita alla sequela nel segno dell’indifferenziato, in una condizione in cui il collettivo prevale sui soggetti. Come ricorda Jung, la moralità personale è inversamente proporzionale all’adesione a norme collettive, in quanto queste ultime dividono di fatto il bene ed il male per l’individuo, ma a prescindere da lui: il secondo passaggio consiste allora nell’attraversamento del dualismo, nel farsi cresimare (ungere) per la guerra santa (cfr. 2 Tm IV, 7) in cui la sicurezza del gruppo è sacrificata per la ricerca di un bene ed un male personalmente accolti. La Comunione costituisce il possibile epilogo del percorso iniziatico: il sacrificio dell’ego e delle sue pre-comprensioni di bene e di male, in vista di un Sé che non escluda più nulla dei termini duali in cui la persona si esprime nella materia.


Il recupero del Sé è il presupposto affinché l’uomo possa riconoscere che ciò che fu valido per lui, ossia a livello microcosmico, possa risultare plausibilmente valido anche per il mondo, a livello macrocosmico: quando ciascuno è disposto a sacrificare persino il Sé ad un senso che coinvolga non solo la sua intera esistenza, ma l’intero universo (cfr. Mt XVI, 15-16), allora l’uomo accede alla dignità regale che da sempre detiene (cfr. Ap XXII, 5-7).

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